MarvelIT presenta:

1st. Issue! - Casualità

di Yuri N. A. Lucia

 

 

Kaine cercò delle risposte fissando l'altare davanti a se. Aspettò per un lungo periodo ma non giunse nessuna voce che sembrasse intenzionata ad aiutarlo. Si sentiva un  sperso, aveva vagato un cercando qualcosa che neanche lui sapeva bene cosa fosse. Vedendo la piccola chiesetta gli era sembrata sulle prime una buona idea entrarvi per cercare un po' di conforto. Era di rito cattolico, questo tuttavia non gli importava molto. Per uno che non era mai stato molto religioso, era un punto come un altro per iniziare. Cosa, non lo sapeva. Abel Fitzpatric, che nome idiota pensò, era una tabula rasa che si rendeva conto di non aver ancora iniziato a scrivere veramente le pagine del libro del suo destino. Effettivamente non sapeva neanche da dove iniziare. Per lui tutto era in un certo senso nuovo. Era molto diverso da come era in origine. Il problema era quanto fosse realmente cambiato e cosa fosse stato prima.

"Figliolo, un'offerta per i bambini senza tetto?"

Kain guardò la vecchia suora, magra e smunta, con il volto di chi è con un piede otre il reame della ragione, porgere verso di lui la questua. Estrasse una banconota da 10 e alcuni spiccioli.

"Ho questi. Vanno bene?"

Chiese con gentilezza.

"Sì. Per i bambini, sì. Ti ringrazio. Temo che però per il tuo tormento non bastino."

"Come dice...?"

Era rimasto sorpreso per quell'affermazione.

"Non è per questo che sei qui? Non hai l'aria di chi ha pregato spesso figliolo. Ti devo avvertire, il Signore non ti può concedere la grazia, se non gliene lasci l'opportunità."

Gli elargì un sorriso carico di tenerezza, carezzandogli una guancia. Poi si allontanò in silenzio.

Uscì dal luogo di culto, tutt'altro che sicuro di quello che dovesse fare, come invece aveva sperato. La storia della sua vita si era notevolmente complicata negli ultimi anni. Prima una vita in caccia, come un predatore, solo per scoprire che la preda era una brava persona e che l'uomo che avrebbe voluto proteggere, non aveva bisogno di lui. Ora, l'agenzia investigativa con Felicia. Proprio una bella idea. Lui nei panni del private Eye? Non ci riusciva proprio a vedercisi. Ne tanto meno riusciva a vedere quale era il suo ruolo al fianco della procace Gatta nera. C'erano varie cose che lo disturbavano. No, mentirsi era inutile. Tutto si riduceva al fatto che quando lei lo guardava... vedeva il volto di Peter Parker. Un volto che gli avevano dato in prestito e che non poteva restituire. Lei non cercava lui, era questo quello che gli impediva di fare il passo necessario per concludere con la tipa. La strada era flagellata dalla pioggia e lui si maledisse per non essersi portato d'appresso un ombrello.

"Cantando sotto la pioggia!"

Disse tra se e se indispettito da tutta quell'acqua.

"Cantati 'sto cazzo!"

Poi un rumore, il rombo di una moto, qualcosa che cadeva pesantemente per strada, l'urlo disperato di una donna. Con potenti falcate divorò 200 metri in pochissimi secondi. Una anziana signora era stesa per terra, al suo fianco una ragazza, le teneva la mano, parlandole concitata. Si chinò vicino a lei, piegandosi su un ginocchio. Senza perdere tempo accostò l'orecchio per sentire il battito. Era irregolare e molto debole. Teneva gli occhi semi chiusi e da dietro la nuca fuoriusciva del sangue. Non poteva correre il rischio di muoverle la testa, poteva essersi rotta il collo.

"Cosa è successo?"

"Io... io e mia zia, stavamo tornando a casa... una moto, una moto, non si è fermata al semaforo, mentre attraversavamo! Dio! Non... è stato terribile! Io... non ho potuto far niente! Lei? Lei... è?"

"No. E' viva. Se la caverà quasi sicuramente. Ma lei deve aiutarmi. Ha capito? Deve rimanere calma. Per sua zia? Mi capisce?"

La ragazza assentì. Era sotto shock e questo era più che evidente. Doveva evitare che avesse una crisi isterica. Si strappò un pezzo di camicia e cercò di tamponare la ferita dietro la testa, evitando di muoverla, per quanto fosse possibile. Le pose la giacca che si era tolto, sopra, in modo da coprirla.

"Ha un cellulare? Io non ho con me il mio... "

"E'... lì..."

Indico un punto in mezzo alla strada in cui i pezzi di quello che erano stati un cellulare erano sparsi un po ovunque.

"Mi è caduto... quando..."

Kain guardò preoccupato.

"Ora lei tenga questo premuto contro la testa. Io vado a cercare aiuto."

"No! La prego, non vada! Non mi lasci..."

"Devo! Ho visto una cabina telefonica più in là. Chiamerò un'ambulanza! Lei rimanga qui e cerchi di mantenere la calma. Come si chiama?"

"Io... Patricia."

"Io sono Abel. Patricia, ti prometto che tornerò subito ok? Devo andare a chiamare i soccorsi, aspettami."

Si allontanò, lasciando la povera ragazza lì da sola, al margine del marciapiede, mentre la tempesta infuriava. Urlò diverse volte aiuto, ma nessuno si degnò di affacciarsi. Bella città di merda pensò. Lui, stupideamente, si rimproverò, aveva dimenticato il cellulare a casa. Si mosse rapidamente, fregandosene se qualcuno lo avesse visto o meno. L'importante era chiamare i soccorsi. Mentre si avvicinava alla cabina, tra la pioggia vide due moto, erano ferme e i due stavano parlando animosamente. Fissò a mente i numeri di targa. Ora non aveva tempo per altro.

Quando tornò, pochi minuti dopo, Patricia piangeva disperata. La signora aveva smesso di respirare.

"Signore, no!"

Ricordi che non erano mai stati realmente suoi riaffiorarono nella testa. Rivisse il senso di impotenza, l'angoscia, lo straziante dolore della perdita di un ragazzino che si chiedeva perché lo avessero defraudato, in pochi istanti, di tutto il suo mondo, mutilandolo nel cuore, nei sentimenti, nell'anima, per sempre.

Fece scansare la ragazza che ormai era sconvolta da un preoccupante tremore e da fortissimi singhiozzi.

Cominciò a praticarle la respirazione bocca a bocca, alternando il massaggio cardiaco. Doveva dosare la forza, fare attenzione. Altrimenti l'avrebbe uccisa.

"Non morire! Ti prego! Non morire!- pensò con disperazione - Non ora, non qui ! Non davanti a me!”

Continuò a soffiarle la vita nei polmoni, con tutta la cura e l'attenzione di cui era capace, lui, che di vite ne aveva spezzate tante. Lui, un assassino che aveva ucciso a più riprese, anche lui, spesso, un killer senza volto che aveva torturato sadicamente le sue vittime.

"Non ti permetto di morire! Mi senti! Non te lo permetto! Vivi! Non morire così' davanti a tua nipote! Vivi per lei! Vivi per te stessa! Te ne prego!"

Il corpo sussultò e lei tossì. Il cuore aveva ripreso a battere. Respirava di nuovo.

Aprì i suoi occhi e lo guardò un po' stordita. Poi gli sorrise.

"Patricia... chi è... questo giovanotto con questi lunghi capelli... le hanno mai detto che somiglia a Sansone?"

Rise, felice, perché era ancora lì, viva.

"No... no signora... ora lo so..."

Prima dell'arrivo dell'autoambulanza si era presentata, si chiamava Charlotte, e l'aveva invitato a prendere un buon thè a casa sua, gli aveva dato l'indirizzo, dicendo che alla nipote piacevano i cantanti rock con i capelli lunghi e che lui, aveva l'aria di un bravo ragazzo e che aveva occhi dallo sguardo buono e che sarebbe stata tanto contenta se fosse venuto da lei. Le promise che non si sarebbe perso l'occasione per nulla al mondo, per nulla al mondo.

 

Il giorno dopo Kaine, si incamminò sulla via che portava alla villetta dove abitava la signora. La notte scorsa stava tornando da una visita ad una vecchia amica e avevano lasciato la macchina parcheggiata un po' distante dalla palazzina.

Era una graziosa abitazione, di quelle dove ci si può andare a vivere con la famiglia. Gli tornò alla mente quella in cui era, in cui Peter , si corresse subito, era cresciuto con zio Ben e zia May. Si sentì strano, perché sapeva che quella stretta dentro il petto non avrebbe dovuto sentirla. Non erano stati veramente i suoi amorevoli zii. Non dovevano mancargli così, perché le loro parole, il loro affetto, i loro insegnamenti erano per qualcun altro… non per lui. Bussò alla porta e ad aprire fu Patricia. Era vestita con un golfino color celeste pastello, indossava i pantaloni di una tuta, stesso colore ed era senza scarpe. Non si era truccata, era leggermente scapigliate, gli occhi erano gonfi di pianto e doveva non aver chiuso occhio tutta la notte. Deglutì leggermente, sperando che lei non se ne accorgesse, ma la trovava… così bella in quel momento. Come un fiore che il dolore rende ancora più desiderabile da guardare. Era 1.70 o poco più, occhi azzurri, di un azzurro intenso, di taglio molto morbido, zigomi bassi e arrotondati, labbra piccole e carnose e una meravigliosa cascata di capelli neri come la notte che le scendevano lungo le spalle. Sotto il golfino, riusciva ad intuire la forma di due seni di media grandezza, sodi e… interruppe quel flusso di pensieri sconci, non gli sembrava proprio il caso.

"Buon giorno signor Abel… io… sono contenta che tu sia qui."

Kaine non risposte subito, poi sussultando leggermente, si rese conto che si stava rivolgendo a lei. Abel Fitzpatric, non riusciva proprio ad abituarsi a quel nome.

"Io mi scuso se la ho… se ti ho… disturbata. Ma all’ospedale mi hanno detto che per sapere dello stato della signora dovevo parlare con un parente, mi hanno detto che eri a casa e siccome sapevo l’indirizzo… volevo dare questi e Charlotte… eh…"

Porse un mazzo di fiori verso la ragazza che li guardò con un’espressione molto dolce.

"Ti prego, entra…"

Lui la seguì, poveretta, doveva essere molto agitata per tutto quello che era successo…

"I fiori sono bellissimi. Li hai scelti tu?"

"Emhh, onestamente mi sono fatto aiutare dalla fioraia, sai, non sapevo che tipo di fiori le piacessero… quando mi ha fatto vedere questi qui mi son detto che forse potevano andare bene…"

"Ed è così. Le piacerebbero molto sai?"

"Ne sono felice. Senti ora lei come…"

"…è andata via."

"Come?"

Kaine la guardava, non riusciva a parlare. Lei teneva gli occhi bassi. Stava piangendo sommessamente. Passarono diversi minuti in cui lui non fece assolutamente nulla. Poi lei, che teneva le braccia incrociate al petto, tornò a guardarlo, sorridendo tristemente, con gli occhi ancora umidi.

"Stanotte, poco dopo il ricovero. Una lesione interna. Non si poteva far nulla mi hanno detto. Nulla. Mi hanno anche detto che non se ne è praticamente accorta. Non ha sofferto sai? Io… spero solo che sia vero… che non sia una bugia detta per…"

Il pianto eruppe prepotentemente e con esso tutto il dolore e il senso di mancanza che doveva divorarla dentro. Si buttò sul suo petto e lui, impotente di fronte a quella situazione, la abbracciò, con tutta la tenerezza di cui era capace.

"E’ sicuramente così. Non ha sofferto ne sono sicuro. E doveva essere felice di averti vicina."

"E’ colpa mia...  ho parcheggiato la macchina troppo lontano se…"

"No! No, non dire così. Non puoi pensarlo veramente. Non è come dici tu. Non è stato quello che ha ucciso tua zia. Tu hai fatto di tutto per aiutarla."

"Ma forse…"

"Credimi... non è colpa tua.."

Purtroppo sapeva che le sue parole erano inutili, che lei si sarebbe tormentata per il resto della vita con quel dubbio e lui provò una rabbia feroce a quel pensiero.

 

Kaine aveva il dovere di fare qualcosa di diverso.

Aveva strigliato un paio di contatti che si era fatto, cercando informazioni su certe moto e certe targhe che gli interessavano molto. Le risposte che aveva ottenuto erano molto interessanti ed esaurienti. Il fatto  era collegato alle corse clandestine di moto. Un giro molto esteso, un business che fruttava migliaia di dollari in scommesse tutte le sere. Pagavano qualcuno alla polizia per sapere quando e dove sarebbe passata la pattuglia, per far chiudere un occhio a qualche sbirro che occasionalmente incrociava una di queste gare. Di solito tutto filava liscio come l'olio, ma non l'altra sera , qualcosa era andato storto, e per un po' niente corse. Era disgustato, come si poteva tollerare l'idea che per soldi si mettessero in pericolo delle vita? Per quanto lui non fosse stato un virtuoso nell'immediato passato, e per quanto potesse in un certo qual modo pensare a se stesso come un cinico, non riusciva ad abituarsi a quell'idea, ne al sentire un senso profondo di vuoto quando rivedere il volto di quella povera vecchietta mentre gli sorrideva, e sapere come era finita. Il dolore che aveva dovuto passare sua nipote...

Queens - ore 00.00.

Aveva, nella maniera più discreta possibile, fatto dei rilievi sul luogo dell'incidente, stabilendo il tipo di pneumatici della moto in seguito alle analisi svolto su alcune tracce di gomma, e all'esame delle foto delle tracce lasciate. Si era servito di attrezzatura che aveva comprato con del denaro anticipato da Felicia. Mentre era nel suo improvvisato laboratorio, questa era entrata all'improvviso.

"Giochi a fare il piccolo scienziato?"

Era stata sarcastica e sgarbata, evidentemente non era una buona giornata per la Gatta. Non lo era neanche per lui quindi non si fece problemi a replicare a tono.

"E tu giochi a fare la piccola investigatrice anche oggi?"

"Io cerco di lavorare Kaine, perchè ci servono soldi per mandare avanti la baracca. Dopo il prestito che ti ho concesso e che bada bene, ti detrarrò dai prossimi eventuali guadagni che farai, la società ha bisogno di reintegrare denaro. Abbiamo un affitto, delle bollette, soldi ai dipendenti, e altre spese da sostenere entro la fine di questo mese."

"Mi fa piacere sapere che mantieni un certo grado di responsabilità all'interno della tua società, ora però se vuoi scusarmi ho da fare, come avrai certo capito sto seguendo una pista."

Aveva concluso con indifferenza.

"Sì, me ne sono accorta, ed è proprio di questo che volevo parlare. Quando mi hai chiesto il finanziamento per tutti questi bei giochi, mi hai detto che sarebbero stati utili per le nostre indagini facilitandoti il compito di investigare. Mi sono fidata di te, perché so che hai un certo talento per le materie scientifiche..."

"...come Peter..."

Aggiunse lui, interrompendola, con freddezza.

"... come Peter. Però, finora, di risultati ne ho visti molto pochi, anzi, quasi nulla. Non lavoriamo da un po' Kaine, e questo è un problema, perché quei conti di cui ti accennavo prima, non si salderanno da soli. Ora tu sei qui, chiuso da diverse ore, che traffichi avanti ed indietro da uno scaffale all'altro, con tutte quelle belle provette piene di liquidi colorati. E' bello vederti impegnato con tanta dedizione in qualcosa, mi dispiace però che non lo fai con il tuo lavoro! Ti ricordo che sei un mio stipendiato bello, e che se non ti darai da fare, questo mese non avrai di che mangiare per il prossimo e... potrai dire addio al tuo laboratorio da Dr. Feelgood."

Si girò verso di lei, alzando lo sguardo dal microscopio elettronico.

"Non capisco il perché di questa minaccia. Non sono certo io l'addetto a procurare degli ingaggi..."

"... no, neanche gli altri che sono venuti a lavorare per noi. Sta di fatto che però si sono dati molto da fare per trovare a questo studio dei clienti. Ora te lo chiedo una sola volta, voglio che tu mi risponda sinceramente. Quanto ci frutterà il lavoro che stai facendo ora qui?"

Kaine non rispose, rimase in silenzio.

"Ottimo, capisco. Oggi, mi è capitato un ingaggio, un caso di spionaggio industriale. Questo tipo ha denunciato il furto di alcuni documenti importanti per la sua azienda. Sembra un lavoro per te. Entro le 5.00 di domani mattina di voglio sul posto, l'indirizzo è segnato qui, si questo bigliettino, ci sarà il sig. Charles Namara, vicepresidente della compagnia a riceverti, e tu farai, come Abel Fitzpatrick, tutti i rilievi del caso. Poi, se sarà necessario, faremo scendere in campo il Ragno Nero... ok?"

"Ragno Nero... senza l'articolo, lo fa suonare troppo comic anni'30..."

"Ragno Nero, Il Ragno Nero, Ragno arcobaleno, non mi importa. Seguirai il caso, dandogli la precedenza su tutto quello che stai facendo ora, capito? Altrimenti quella è la porta, e il resto della tua roba puoi considerarlo confiscato per risarcirmi in parte delle spese che mi hai fatto sostenere. Capito?"

"Sissignora."

"Ah, comunque non pensare che io ti consideri come Peter... lui si interessa degli altri... non come te che sei così chiuso nei tuoi problemi da..."

Non aggiunse altro, lo aveva detto trattenendo a stento una grande rabbia di cui lui ignorava il motivo.

Felicia Hardy si girò sui tacchi, uscì ancheggiando dall'ufficio di Kaine, fuori c'era Chester Fawcet, un giovane con un diploma da investigatore privato presso una scuola per aspiranti detective, assunto da poco. Aveva 20 anni, studente part time di legge, alto 1.82, ex campione di tennis alle superiori, un profilo greco da mozzare il fiato, occhi verde mare, capelli neri, non cortissimi, tirati indietro, fisico atletico, la battuta sempre pronta, simpatico e socievole, con l'aria del vincente nato. Non lo poteva soffrire, ne lui, ne le sue spiritosaggine di merda. Non aveva voglia di impelagarsi in una discussione con la Gatta, non quando aveva del lavoro da fare. Sarebbe andato puntuale all'appuntamento di domani mattina, prima però avrebbe fatto una visitina ai responsabili della morte di Charlotte. Ora era appollaiato sul davanzale di un vecchio edificio, l'appartamento dietro di lui era vuoto, non sentiva rumori di sorta, mentre sotto di lui, la via in cui c'era l'officina che fungeva da covo per i corridori. Si entrava nel giro solo se presentati da uno di fiducia, poi si doveva sostenere un esame, una prova del pericolo, come la chiamavano loro. Era qualcosa di estremamente rischioso e illegale, in modo che il futuro corridore, avendo la coscienza sporca, ci avrebbe pensato due volte prima di spifferare qualcosa a qualcuno. Quella di correre come dei folli, di notte, in un popoloso quartiere come il Queens, era una di quelle prove, solo che stavolta era andata male, soprattutto per Patricia e Charlotte. Ancora adesso le sembrava di sentirla piangere, tra le sue braccia, mentre tremava tutta, sconvolta dal dolore, mentre tra singhiozzi continui il suo corpo sussultava. Nell'ombra della facciata, poco illuminata, era praticamente invisibile agli occhi di un'eventuale osservatore, a patto che questi non avesse avuto un buon colpo d'occhio o spirito d'osservazione... o vista agli infrarossi, ovvio. Nonostante quello che era venuto a fare, si sentiva a suo agio, e per questo avvertiva un certo senso di colpa e disagio. Abel Fitzpatrik, lo sapeva, era solo un nome, un'identità di comodo, una facciata che servivano a nascondersi, non tanto dal mondo esterno, quanto da se stesso. Per una vita si era mosso da una parte all'altra del paese, convinto di sapere quale fosse il suo ruolo: quello di cacciatore, aguzino, protettore di Peter Parker. Ma le cose non erano come aveva pensato, e presto quelle comode verità che tante certezze gli avevano dato, erano svanite nel niente, e Kaine aveva dovuto prendere coscienza della dura realtà. Non c'era niente per lui in quel mondo, non era niente. Una copia, un fantoccio di carne, sangue e ossa. Qualche ricordo impiantato nella sua testolina, persone a cui voleva un gran bene, il cui ricordo lo riempiva di calore, di gioia, di tristezza e paura, perché sapeva di non averle mai conosciute. Zio Ben, un padre, una guida, l'uomo che aveva contribuito a forgiare il suo carattere, mentre passava dei momenti difficili, durante un'infanzia travagliata a causa della perdita dei genitori, che gli era sempre stato vicino, ogni momento, aiutandolo, consigliandolo, amandolo.... no, aveva fatto tutto questo per Peter, non per lui. Zia May, per lui una madre, un'amica, un punto di riferimento, così fragile e così forte, con la sua capacità di non arrendersi mai... tutto quello che aveva sacrificato per lui, per dargli un futuro, delle certezze, tutto l'amore che aveva riversato su quel timido e fragile ragazzo... no, non su lui, su Peter. Il dolore delle loro perdite, il dramma tenuto dentro per anni, nella consapevolezza che la morte dei suoi cari era sua responsabilità, che zio Ben poteva essere ancora vivo se solo avesse fermato quel ladro... no, non era il suo dramma, era quello di Peter. Il dolore per la morte di zia May, quando aveva realizzato il fatto che fosse venuta a mancare, il non capire come gestire il disperato bisogno di esserle di nuovo vicino, per poterla aiutare, per poterla confortare... no, a confortarla, ad aiutarla era stato Peter. E c'era anche Gwen... solo lì, dentro quel costume aderente, che disegnava le forme del suo corpo, era al sicuro da quelle persone che non avevano fatto veramente parte della sua vita. Solo lì dentro, sentiva che c'era qualcosa che gli spettasse, il suo posto in quel mondo. Adocchiò la preda che bussava... era il momento di agire.

Il vetro cadde su di loro come una pioggia luccicante  per via della luce delle lampade che filtrava, uno spettacolo che visto dall'esterno, in un certo qual modo sarebbe potuto risultare affascinante. Ma non lo era per chi stava dentro l'angusto spazio, e men che mai lo era la nera sagoma che calava dall'alto. Finì in mezzo a loro, ne contò 8, al momento nessuno aveva un'arma in mano e intendeva far si che la cosa continuasse così. Abbassandosi di scatto, eseguì una spazzata che mandò a terra i due più prossimi. Muovendosi velocemente, fu addosso ad altri tre di loro, gli si lanciò contro, mettendosi perpendicolare alla traiettoria che lo portò a schiantarglisi contro, mandandoli a finire rovinosamente contro il muro. Il senso di Ragno morse la nuca: qualcuno aveva estratto un'arma e il proiettile che partì confermò il sospetto. Scansò il proiettile ben due volte, la prima quando colpì l'argano di metallo dietro di lui, la seconda quando, rimbalzando, minacciò di infilarglisi nella colonna vertebrale. Invece andò a piantarsi nel braccio di quello vicino al pistolero. Si mosse zigzagando, finché in pochi istanti gli afferrò il polso, quello cercò di resistere e lui, per un breve tratto, assecondò il movimento verso l'alto del braccio, poi lo bloccò all'improvviso, facendolo ruotare verso l'interno e spostandosi dietro di lui, glielo portò alla schiena, dandogli una leggera spinta in modo che finisse a faccia in avanti. La pistola, una Rassuk 16, era finita davanti a lui, con un calcio la mandò a finire sotto un bancone. Quello rimasto cercò di fuggire, ma prima che varcasse la porta, centinaia di sottilissimi fili, passandogli da dietro, sfiorandogli la testa, colpita l'intelaiatura formarono una sorta di membrana grigia che al tatto, pur essendo elastica, sembrava molto resistente. Invano provò a romperla e, quando esausto, si girò per vedere il loro aggressore, lo trovò tranquillamente seduto a braccia conserte. Di fianco c'era Don, a terra mentre tamponava con la mano il braccio, lamentandosi per il dolore. Tutti gli altri cercavano di rialzarsi doloranti. Nick tentò un attacco da dietro, quello alzò semplicemente ma mano, bloccando il crick che calava alle spalle , e prima che l'altro potesse fare qualcosa, lo sollevò da terra, lanciandolo proprio contro la barriera che aveva eretto per impedirgli la fuga, facendolo impigliare contro. Osservò terrorizzato il tipo che stava a testa in giù e urlava disperato.

"Tu sei Sid <Faster> Gar?"

La domanda era stata rivolta in modo freddo, quasi meccanico, senza tradire inflessioni di sorta o quelli che fossero i suoi pensieri al momento.

"Non so chi tu sia, ma se pensi di spaventarmi ti sbagli... io non ti dico un cazzo ok? Ora se vuoi chiamare gli sbirri, fallo, a me non frega niente, io sono pulito! Sei tu che hai fatto irruzione qui, prendendo a calci i miei amici... cosa sei? L'ultimo arrivato tra i vigilantes? E poi non lo sai che quel costume era di quel pezzo di merda dell'arrampicamuri? O forse sei lui che è tornato al look alla Mad Max ? Vuoi darti arie da..."

Prima che potesse finire quella frase pronunciata con arroganza, fu zittito dal terrore, quando Kaine gli fu vicino in un secondo, con un unico elegante balzo. Gli mise la mano sulla bocca, esercitando una leggera pressione.

"Non ci siamo capiti, non mi interessa quello che tu pensi di me. Ti ho chiesto se sei tu Sid Gar..."

La mandibola gli doleva per quella stretta d'acciaio, anche se temeva che potesse fargli di peggio. Non aveva il coraggio di muovere un solo muscolo, la sua apparizione era terrificante. Fece sì con la testa, quando gli ripeté la domanda.

"Ho saputo che sei l'ultimo arrivato in questa bella combriccola vero? Di cos'è che vi occupate? Opere di carità per i senza tetto? No. Mi sa che mi confondo... ah, sì, voi siete quelli che corrono per il circuito delle scommesse clandestine. Com'è che sei finito qui eh? Ho saputo che per un po' di tempo sei stato un pilota di 125, team Daewoo vero? Poi cos'è che è successo? Ah si, per colpa tua che hai fatto lo stronzo in pista, è morto un tuo compagno insieme a due del personale di pista che si trovavano aldilà della barriera su quella curva vero? Te la sei cavata pagando parecchi soldi, però sei finito sul lastrico, e anche se hai evitato la galera ti sei trovato senza il becco di un quattrino e senza un solo team che fosse disposto a prenderti dopo il casino che hai combinato. Così sei tornato a casa tua, qui a N.Y.C. e hai ben pensato di fare lo stronzo per le strade della vecchia signora. Però prima di entrare nel business delle corse, dovevi dimostrare a queste gran teste di cazzo che eri all'altezza, che eri uno ganzo, di cui ci si poteva fidare... l'altro ieri sera, hai affrontato la tua prova del fuoco. Dovevi sentirti veramente il re del mondo con il tuo culo su quella bella moto. Una Ninja eh? Ti tratti bene vedo. Quanto ti sentivi sicuro eh? Non ti era bastato quello che avevi fatto un anno fa. No, a te non fregava niente di quello che era successo, che avevi provocato, ti bastava essertela cavata, quei tre non contavano nulla. Non contava nulla neanche la poveretta che è finita in terra a causa tua e che è morta poco dopo. Allora, dimmi, il quadro della situazione è completo? O ho dimenticato qualcosa... ti prego, correggimi se sbaglio."

Le lacrime bagnavano il guanto di Kaine mentre quello piangeva disperato. Mugugnò qualcosa.

"Come? Non ti capisco. Puoi ripetere? OHHHHH scusa, aspetta che lasciò un poco, così' posso sentire quello che vuoi raccontarmi."

"Ti prego... farò tutto quello che vuoi... andrò alla polizia, confesserò tutto... è stato un incidente... io non... non volevo... dopo quello che era successo a Madrid non potevo... non volevo che.... mi avrebbero fatto a pezzi stavolta... non sarei più uscito di prigione... io..."

"Cazzate! Avresti dovuto fermarti. Prestarle soccorso, assumerti le tue responsabilità. Te ne sei sbattuto altamente, tant'è che stasera eri venuto per metterti d'accordo per la prima gara vero? Sei solo un viscido sacco di lerciume..."

Strinse la mascella con una frazione della sua forza, sollevando da terra Sid e facendo percorre il suo corpo da fremiti di dolore.

"Noooo... io... non pu... rlo... ei... ei... n... uper er... eroe..."

Ora era la bava a colargli sul costume. Lo fissava, mentre strabuzzava gli occhi per il dolore. E' vero, lui non poteva farlo, perché era un eroe, qualcosa che avrebbe dovuto essere un simbolo, qualcuno con una missione ed un giuramento fatto a se stesso e a chi amava da rispettare, di non cedere alla tentazione di farsi guidare dalla cieca disperazione, dalla rabbia e dall'odio. Di non ergersi mai a giudice e giuria... soprattutto mai a boia. Di prestare la sua opera solo al servizio della legge, non sopra di essa e soprattutto non al disopra di quella morale, i cui insegnamenti gli furono impartiti anni addietro... no... quello non era lui... l'eroe era L'Uomo Ragno... lui era solo... la sua ombra... nulla di più. Ghignò sotto la maschera, per la prima volta contento di non essere Peter, di non dover davvero essere sottomesso al suo codice morale, di non dover limitare le sue azione in onore ad un assurdo codice comportamentale.

"No bello... hai ragione. Un eroe non dovrebbe farlo. Un eroe impacchetterebbe te e i tuoi amici, chiamerebbe la polizia e vi lascerebbe lì a loro disposizione, magari con un biglietto spiritoso attaccato addosso e dispensando battute sagaci al vostro indirizzo. Il problema è che qui non c'è nulla di divertente, nulla di cui ridere o su cui fare battute. Io ho davanti a me un rifiuto, uno schifo che di umano ha solo la forma, perché non ha mostrato neanche un po' di pietà per un'innocente vittima della sua stronzagine. E poi... soprattutto... io non sono un eroe... non lo sono mai stato e non lo sarò mai... non sono neanche l'Uomo Ragno.... sono Ragno Nero... e tu sei morto..."

Strinse di più, aumentando la pressione di un poco alla volta, perché voleva che patisse mentre l'angoscia lo divorava dentro, lui, inerme ed impotente contro quel mostro che era sbucato dalla notte. Voleva zittirlo per sempre, zittendo insieme quel grido disperato che nella sua testa riecheggiava, con la sua richiesta di una risposta chiara e semplice: perché? Poi, d'un tratto ripensò a quello che gli aveva detto Charlotte, che sembrava un bravo ragazzo, che aveva lo sguardo triste ma buono... possibile che si fosse sbagliata? Come poteva essere lui una brava persona se covava dentro di se tanta amarezza da sommergerlo, da soffocare qualsiasi possibile sentimento di pietà, non tanto verso i suoi nemici... ma verso se stesso. Immaginò il suo volto sorridente, di donna che aveva vissuto felicemente i suoi anni e che cosa avrebbe potuto pensare se lo avesse visto così. Lasciò cadere Sid a terra, questo batté le natiche con forza, finendo con la schiena contro la tela.

"... non sono neanche un assassino... per tua fortuna... almeno..."

Almeno non più, così silenziosamente completò quella frase. Si diresse verso un telefono a muro, avrebbe chiamato la polizia e... il gemito strozzato di Sid lo fece girare di colpo. Uno shuriken si era infilato proprio nella sua gola mentre aveva alzato la testa, ancora sconvolto per quello che era successo. La giugulare era stata recisa con un colpo solo. Levò subito lo sguardo verso l'alto e con un unico salto, uscì dal lucernario, portandosi dall'altra parte, di fronte la figura fasciata di nero che aveva ucciso il centauro. Non disse nulla, ne l'altro accennò a parlare, si studiarono in quel silenzio per qualche istante. Kaine prese l'iniziativa cercando di agganciarlo con un colpo di tela che fu evitato con grande maestria. Era veloce e molto preparato, eseguendo una ruota all'indietro si portò al limite del tetto e saltò. Corse verso di lui, confidando nella potenza delle sue gambe, lo mancò per un soffio. Dopo aver sfiorato l'asfalto riprese subito quota, descrivendo un quarto di cerchio e lanciandosi di nuovo nel vuoto. Usava un cavo, probabilmente scuro o comunque poco visibile che agganciava i cornicioni e i balconi dei palazzi vicini. Sembrava molto ben allenato a muoversi in quel modo, tra gli esseri umani non potenziati, soltanto Devil si sapeva muovere in quel modo, forse solo Vedova Nera o Cap America avrebbero saputo fare altrettanto. E naturalmente c'era anche Felicia. Si lanciò al suo inseguimento, prima che potesse portarsi fuori portata dalla sua vista. Filo dopo filo, ridusse rapidamente la distanza. Lui poteva anche essere stato ben addestrato a fare quel tipo di lavoro ma alle calcagna aveva qualcuno che nel d.n.a. possedeva il talento naturale per farlo. Svoltò bruscamente un angolo, forse per cercare di disorientarlo e prendersi così un vantaggio ma Kaine non ci cascò e svoltò insieme a lui, senza esitare minimamente. Gli era ancora dietro, ora si trovavano a decine e decine di metri da terra. L'altro all'improvviso agganciò un pennone su cui sventolava una bandiera, si portò verso l'alto rapidamente, mentre Ragno Nero era proprio sotto di lui. Eseguì un giro della morte. Riuscì a colpirlo alle spalle con un calcio ma anche se non aveva potuto evitarlo, era riuscito a smorzare gran parte dell'effetto del colpo non opponendo resistenza ma lasciandosi spingere in avanti. La strada era proprio sotto di lui e volò per qualche metro, prima di colpire un cornicione con una tela. Quando, tornato a salire, raggiunse l'apice della curva, si voltò, tornando indietro, il suo avversario aveva appena agganciato un insegna, ed ora si trovarono praticamente in rotta di collisione. Lasciò il sostegno lanciandoglisi contro e, inaspettatamente, anche l'altro fece lo stesso. Si trovarono così addosso, l'uno contro l'altro. Riuscirono a scambiarsi alcuni rapidi colpi praticamente sospesi a mezz'ar6ia, prima che la gravità, un secondo dopo, facesse il suo effetto, cominciando a farli precipitare verso il basso. Aveva parato i colpi di quello che indossava dei guanti dotati di borchie rinforzate e il cui corpo doveva essere protetto da una leggera corazza. Era bravo, decisamente era un professionista, esperto nelle erti marziali a giudicare da come combatteva e dal suo look da ninja 21century style. Si prese sull'addome un doppio calcio di quello che sfruttò il colpo per allontanarsi da lui mentre doveva essere riuscito di nuovo ad agganciare qualcosa con la sua fune invisibile. Una camion gli passò sotto proprio in quel momento e lui saltò sul rimorchio, smorzando la caduta grazie all'elasticità dei suoi muscoli e dello scheletro, e piegatosi, si lasciò scattare verso l'alto come una molla, sfruttando in parte il contraccolpo della caduta. Stavolta il tipo si era messo in pizzo al tetto del palazzo che aveva agganciato per tirarsi su e lui colpì il cornicione proprio sotto i suoi piedi, tirandosi su con un potente strattone. La nuca vibrò, trasmettendo il segnale al resto del corpo che agì di conseguenza, torcendosi per evitare i pericolosi shuriken, cinque, che rapidamente gli aveva lanciato contro. Gli passò sopra, eseguì tra capriole e girandosi a mezz'aria, gli si portò dietro. Senza perdersi d'animo, il misterioso assassino, estrasse un pugnale e lo attaccò. La lama fendette l'aria un po' di volte, passando a pochi millimetri dal suo volto e dal suo ventre. Menava colpì con grande precisione4, senza mai sbilanciarsi, doveva stare attento o lo avrebbe affettato con quella lama. Bloccò con un altro calcio quello basso che l'avversario gli aveva sferrato all'improvviso, approfittando di quel momento in cui era riuscito a spiazzarlo, quello fece girare il coltello nella mano, cambiando il modo in cui lo impugnava e aiutandosi con l'altra, eseguì un affondo che nonostante tutto Kaine riuscì ad evitare. Senti un lieve bruciore al deltoide. Il costume era stato tagliato in quel punto e anche la carne. La ferita era superficiale, non eccessivamente profonda.

"Dovrai impegnarti di più se vuoi mettermi fuori gioco."

Gli gridò caustico. Cercò di colpirlo con una sequenza di pugni, 9 in 5 secondi, che avrebbero abbattuto qualsiasi normale essere umano. Quello però ora si teneva fuori dalla sua portata, muovendosi nel tentativo di spiazzarlo e di confonderlo. Stava giocando con lui? Si rese contro all'improvviso che stava sudando parecchio e che nonostante non fosse stato più attaccato il senso di ragno continuava a dirli che qualcosa non andava. Sbarrò gli occhi. La lama era avvelenata. Doveva trattarsi di qualcosa di molto potente in grado di mettere in ginocchio persino il suo metabolismo iper efficente e rapido. Avvertì un dolore propagarsi come un'onda in tutto il suo corpo, facendogli venire meno l'equilibrio e provocandogli delle fitte nei muscoli. Allora il nemico ne approfittò, gli si scagliò addosso, colpendolo con un calcio all'addome ed uno alla coscia, poi sentì due colpi di tagli abbattersi sul suo volto. Sanguinò sotto la maschera. Quando stava per ricevere il colpo di grazia, inaspettatamente lo bloccò.

"Non mi piace... ripetermi... devi fare altro se vuoi eliminarmi..."

Quello si divincolò dalla sua presa, indebolita dal veleno. Barcollò vistosamente, facendo fatica a tenersi su. Reggere ad un secondo attacco era improbabile ma non gliela avrebbe data vinta così... non lui... non dopo tutto quello che aveva passato.

"Kuro Neko."

"Cosa...?"

Si lanciò dal tetto del palazzo, senza dire altro.

"Kuro... Neko..."

Ripeté Kaine prima di cadere a terra.

Ri6entrò nel suo appartamento che erano le tre. Era rimasto svenuto un bel po' mentre si riprendeva dalla cosa che lo aveva ridotto all'impotenza. Andò rapidamente all'armadio dove teneva le sue cose ed estrasse un paio di provette e una siringa. Si tolse un po' di sangue che avrebbe analizzato poi, riempiendo una provetta e pisciando un po' nell'altra per fare la stessa cosa con le sue urine. Voleva sapere che cosa lo aveva stordito fino a quel punto.

"Kuro Neko."

Quel nome... chi era il killer di Sid Gar? Perché lo aveva ucciso? In che modo era legato a lui? Forse aveva fatto qualcosa a qualcuno? Probabile, visto il tipo di persona che era. Non poteva dirsi dispiaciuto per la sua dipartita ma, non poteva neanche dire che non gliene importasse nulla. Comunque tra lui e quel tizio ora c'era qualcosa a livello personale visto che era stato umiliato e non aveva intenzione di passare sopra la cosa.

Si accorse che il suo cellulare aveva registrato un messaggio. Il numero di quell'apparecchio lo aveva soltanto una persona.

"Messaggio registrato alle ore 16.00 di questo pomeriggio. - Kaine, sono la dottoressa Kafka. E' molto importante, ascolta, l'Uomo Ragno mi ha chiesto di avvertirti di metterti quanto prima in contatto con lui. Si tratta di qualcosa di importante, mi ha dato questo numero. Puoi contattarlo lì a questi orari."

Un telefono pubblicò squillò. Il Ragno che stava appollaiato sopra e aspettava da cinque minuti prese la cornetta. Non c'era nessuno a quell'ora del mattino in quella strada deserta.

"Ho ricevuto il messaggio. Deve trattarsi di qualcosa di grosso se ti rivolgi a me. Ha a che fare con quanto è successo al porto?"

"Non hai saputo niente di ieri vero?"

Kaine era stato immerso nel suo lavoro e non aveva visto tv ne letto giornali.

"Di cosa parli?"

Quando riattaccò il telefono avrebbe voluto impiccarsi. Non aveva saputo niente. Ne avevano parlato tutti i network e i media del paese. La strage di Broadway alla Prima di Moulin Rouge e lui non ne sapeva niente. Non ricordava neanche che ci fosse stata la premiere. E loro erano là, tutti e tre, Peter con sua figlia e sua moglie. Doveva essere sconvolto, avrebbe dovuto dirgli qualcosa, ed invece non lo sapeva neanche.

Nella piccola chiesa non c'era quasi nessuno. Prima di fare il sopralluogo all'azienda aveva deciso di passare lì. Doveva cercare di placare un po' il tormento dei suoi demoni interiori. Possibile che la vita fosse tutta una concatenazione di casualità incontrollabili? Casualità che avevano generato la nascita di lui, un clone, che avevano ucciso una povera vecchietta e lasciando la nipote affranta nel dolore?

Pregò cercando la risposta. Non arrivò quella sera.

 

Fine.

  

 

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P.S.: tenete d'occhio la sezione what if... su MarvelIT: Kaine si troverà impegnato in un'avventura ipotetica ambientata a...